Per giocoleria s’intende l’insieme di quei giochi di destrezza nel manipolare parecchi oggetti alla volta (palle, cerchi, birilli…) e/o di movimenti difficili e spettacolari in cui eccellono dei veri e propri specialisti: acrobati, volteggiatori, torsionisti, equilibristi, funamboli, sputafuoco, trampolieri, ecc., che incontriamo di solito per le strade e le piazze dei nostri paesi nei giorni di festa o di fiera. Ma non sono un’invenzione moderna: forse l’uomo, sin dagli albori della sua presenza sulla terra, si sarà compiaciuto di simili abilità. Di sicuro esistevano già nell’antichità.
Ne diamo qui alcuni esempi.
ANTICO EGITTO
Sulla parete di fondo della tomba n.15 di Beni-Hassan, risalente ad un periodo tra il 1994 e il 1781 a.C., c’è un grandioso affresco che su sette registri raffigura centinaia di personaggi intenti a varie attività (caccia, agricoltura, costruzioni, pesca …). Il registro centrale – che è il quarto – propone, nella zona di destra, una serie di giocolieri/e, che qui descriviamo analiticamente, riquadro per riquadro…
Giochi didascalia
Il gioco della stella. Eseguito da due ragazze che facendo leva sui piedi girano intorno a due ragazzi che le sostengono per i polsi.
Ginnastica a coppia. Primo tempo: lui si inarca col dorso verso terra, lei lo monta con le gambe verso il volto di lui. Secondo tempo: lui si mette ritto e regge lei che si ritrova a testa in giù.
Salto in alto. Cinque istantanee che mostrano le posizioni di preparazione e il salto stesso.
Giocoleria. La prima ragazza a sinistra giocola con due palline, quella che le sta davanti esegue il “pasticcio di mulini” con quella che le sta dirimpetto.
Cavalcioni. Due coppie affrontate: i due che stanno a cavalcioni dei compagni si lanciano le palle che ciascuno deve afferrare. Chi perde “va sotto”.
Gli studiosi discutono se queste scene hanno un significato religioso oppure sono semplicemente scene di vita corrente che dovevano accompagnare il defunto nell’aldilà.
ETRUSCHI
Nel sito di Monterozzi, a Tarquinia, c’è una tomba etrusca detta, appunto, dei Giocolieri. Risale alla seconda metà del VI secolo, forse il 530, a.C. Sulla parete di fondo è dipinto un affresco in cui compaiono, da destra a sinistra, intervallati da cipressi, sette personaggi. A sinistra: un uomo anziano, barbuto, vestito di un mantello rosso che gli lascia scoperta la spalla destra ma gli copre la testa (assai verosimilmente il defunto stesso), seduto su un diphros okladias (uno sgabello pieghevole che usavano i giudici agonistici), con in mano un bastone nella destra e l’indice levato, assiste alla scena centrale, che forse riproduce i giochi funebri a lui dedicati. Gli fanno da pendant, all’estrema sinistra, un ragazzino nudo seduto in terra con la mano sinistra levata e davanti a lui un ragazzo nudo, in piedi su un piedistallo, con una ghirlanda nella mano destra. Davanti ai due un giovane nudo porta la mano destra alla testa e tende la sinistra in avanti. Nella scena centrale vediamo un uomo barbuto dai lunghi capelli neri, con indosso un mantello rosso, che suona un doppio flauto; quindi c’è una giovane donna, con in testa un tutulus, orecchini, una corta tunica rossa cinta alla vita da una cintura a dischetti e un’altra tunica trasparente bordata di rosso: sulla testa porta in equilibrio un candelabro; di fronte a lei si trova un giovane con in mano dei dischi che si suppone raccolga dalle due ceste scoperchiate.
Etruschi
Le interpretazioni sono molte. A me piace pensare che i tre personaggi sulla sinistra (il bambino, il ragazzo e il giovane nudi) siano altrettante ipostasi del vecchio seduto sulla destra (il defunto) che sin da bambino deve essersi preparato e durante la vita abbia esercitato la professione di giudice sportivo. Qui, al suono del flauto, il giovane nella cesta deve lanciare gli anelli tentando di infilarli nel candelabro in bilico sulla testa della ragazza.
GRECIA
Di acrobati, equilibristi e danzatori su corde si parla già nell’Iliade e nell’Odissea. In tutto il mondo ellenico era un’esperienza comune e quotidiana vedere acrobati e saltimbanchi che si producevano per le strade e le piazze, specie all’ora del mercato, mentre gli atleti veri e propri gareggiavano negli stadi in occasioni ricorrenti e speciali, fra le quali le più famose erano le Olimpiadi. Ne abbiamo innumerevoli rappresentazioni (statuaria, bassorilievi, mosaici, pitture, vasi…). Fra le tantissime abbiamo scelto questo bellissimo vaso di Ruvo di Puglia.
ROMA
Un indovinello latino diceva: “Vidi hominem pendere cum via cui latior erat planta quam semita” (Ho visto un uomo che pendeva insieme alla strada: la pianta dei piedi era più larga del sentiero”. La risposta era: Il funambolo. Per questi specialisti i Romani avevano una vera e propria infatuazione. Alla prima rappresentazione dell’Hecyra di Terenzio – era il 166 a.C. e si celebravano i Ludi Megalenses – , gli spettatori abbandonarono di corsa il teatro perché era giunta voce che fuori c’era un funambolo (“funambuli eodem accessit exspectatio”) e quando Marco Aurelio (161-180 d.C.), per evitare che dei bambini funamboli si sfracellassero al suolo (cosa che era successa nel Circo), ordinò che si mettessero sempre dei materassi sotto le funi, il popolo disapprovò. Il fatto è che ai Romani piaceva ammirare la destrezza acrobatica ma anche il pericolo mortale di queste figurazioni.